«La Chiesa ha la sua ragion d’essere nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo»
Omelia del Vescovo Stefano nel giorno del suo ingresso a Fiesole
Ti saluto, cara Chiesa di Dio che sei in Fiesole, che oggi ricevo dalle mani di Nostro Signore e dalle mani del vescovo Mario, per servirla ed onorarla mediante il ministero episcopale. Dopo gli otto anni di servizio alla Chiesa che è in Montepulciano-Chiusi-Pienza, che saluto con grande affetto, il Signore, attraverso il Santo Padre, mi ha chiamato ad essere qui con voi. Il nostro cammino insieme ha inizio in questo giorno di festa del nostro il Patrono, san Romolo, martire.
È significativa la nostra convocazione nel segno del martirio. Esso infatti si riferisce al nostro battesimo, in quanto rappresenta il compimento perfetto della vocazione di ogni battezzato, cioè la decisione di vivere per Cristo fino al dono totale di sé, per alcuni realizzatosi in modo cruento, come Romolo, per tutti vissuto in modo incruento, ma con lo stesso spirito, quando si giunge a porre la relazione col Signore al di sopra di ogni altro bene. È il dono di sé a Colui che è morto e risorto per noi. La fede ricevuta nel battesimo è infatti fede nell’amore, è fare proprie le parole dell’apostolo: Cristo mi ha amato e ha dato sé stesso per me (Gal 2,20); è cercare di rispondere con altrettanto amore aiutati dalla stupenda grazia battesimale, a tutti offerta perché in coloro che la lasciano operare in sé stessi possa guarire le ferite che ci affliggono, quella antica di Adamo e quelle ricevute durante la nostra vita, grazia oggi riassunta nelle parole che abbiamo ascoltato dal libro della Sapienza (prima lettura): confidare in Dio per comprendere la verità, essere fedeli nell’amore per rimanere in Lui godendo della sua misericordia, ricordando, anche, che chi pratica la giustizia è comunque a Dio accetto (Cf.: Atti 10,35). Sì, cari fratelli e sorelle, ci è dato di vivere questo tempo in cui la Chiesa si è messa in cammino sinodale, alla riscoperta della meravigliosa grazia ricevuta nel battesimo, che ci fa popolo di Dio in cammino dietro al Signore e verso la gente, colmo di speranza pur attraversando le non poche criticità del presente. Il cammino sinodale è lo stile di essere Chiesa da assimilare e far nostro, un cammino la cui tonalità di fondo è “un ascolto senza confini e senza barriere, che faccia cadere i muri ed edificare ponti” (Papa Francesco). La Chiesa infatti non esiste per sé stessa ma ha la sua ragion d’essere interamente nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo. Siamo certamente provati dalla pandemia, dalla crisi economica e dalla guerra in Europa e abbiamo imparato che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo ma solo insieme (Papa Francesco il 27.03.2020). I tre vescovi santi del IX secolo di questa Chiesa fiesolana, Leto, Alessandro e Romano, vogliamo tenerli fissi davanti a noi, insieme ai patroni, per la loro testimonianza della forza sociale dell’amore del prossimo, cominciando dai poveri e da chi soffre ogni forma di emarginazione, e soprattutto perché ci ricordano che l’atto di amore più grande verso l’umanità è l’evangelizzazione, essendo stati tutti grandi evangelizzatori. Ogni persona di questo mondo, infatti, ha diritto di conoscere l’evento che la riguarda, la redenzione operata dal Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo, fratello, Signore, amico e Salvatore di ogni creatura umana. L’annuncio del vangelo è atto di riconoscimento della grande dignità di ogni essere umano, è dire: questo sublime Redentore è per te! Non c’è gioia più grande di questa per la Chiesa pellegrina sulla terra: annunciare a tutti il Signore Gesù, il più bello tra i figli dell’uomo! (Salmo 44). Ce lo conferma il vangelo ora ascoltato che ci raccomanda: quello che ascoltate nell’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze! È l’invito a far uscire, come si dice, il Cristo dalle sacrestie e portarlo per le strade e per le piazze, con coraggio, con gioia e soprattutto con amore. Ecco, vedete: ci troviamo nel teatro romano, costruito sull’antico modello greco. Tutti rimaniamo stupiti nel constatare come questo tipo di teatri, attraverso una sapiente disposizione delle pietre che li compongono, riescano a raggiungere una acustica perfetta. Ecco, voi siete, per il battesimo, come ci insegna l’apostolo Pietro di cui oggi ricorre l’ottava della sua festa, le pietre vive su cui si edifica la Chiesa: la conversione a cui il Signore ci chiama è di formare tra noi una così armoniosa comunione, una tale docilità allo Spirito Santo da raggiungere una acustica perfetta, così che l’annuncio del Vangelo possa arrivare chiaro e forte al cuore di tutti. Nel mutare dei tempi e della storia, il bisogno primario di ogni persona rimane Gesù Cristo Signore, che è lo stesso, ieri, oggi e sempre! (seconda lettura). Conoscere Cristo, incontrarlo, stabilire con Lui una relazione d’amore, è come raggiungere il centro di noi stessi, è come ritornare nella casa natale dopo un lungo viaggio, è riposare finalmente il cuore stanco, appoggiando il capo su un cuore che ci ama, in una pace profonda. Ti preghiamo Signore con le parole che tu ci
hai insegnato, quando ci hai fatto il dono più grande, che non è la tua vita se pensiamo a Colui che per te è molto più importante della tua stessa vita: il Padre tuo, alla cui intimità filiale ci hai introdotti col tuo sacrificio, costituendoci eredi dei beni eterni. Nella preghiera ricevuta nel battesimo, se vogliamo, possiamo intravedere tutto il cammino della Chiesa e dell’umanità. Ripercorriamolo all’incontrario, cominciando dalla fine: Signore Dio nostro, quando ci avrai liberato dal male e ci avrai resi forti nella lotta contro il Maligno, che ci tenta continuamente per separarci da Te; quando saremo diventati una comunità che avrà fatto suo il comandamento nuovo dell’amore, perdonandoci gli uni gli altri settanta volte sette nel tuo nome; quando il Pane vivo disceso dal cielo sarà diventato talmente la nostra vita, da non poter fare a meno di celebrare l’Eucaristia nel tuo giorno, la domenica e di condividere i nostri beni con i poveri; quando avremo permesso alla grazia battesimale di trasformare il nostro cuore al punto che non desideri altro, sopra ogni cosa, se non fare la tua volontà; quando avremo fatto la nostra parte per la venuta del tuo Regno e avremo santificato il tuo nome migliorandoci nella nostra capacità di amare, allora potremo dire, anche con tutti coloro che ancora non ti hanno ben conosciuto: Abba! Padre! Dio altissimo che ti chini amorevolmente su di noi, Padre dolcissimo e umile, che in mille modi a noi sconosciuti continuamente ci soccorri, ma anche Dio giusto e veritiero a cui ognuno dovrà render conto delle proprie azioni. Abba! Babbo! Padre nostro! E tenendoci per mano ci scopriremo fratelli tutti! Amen!